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Federica Rita Ravani

Sulle orme dell'assassino


E’ dai tempi più remoti che l’essere umano viene attirato da quello che viene definito il “Noir”, perché nell’uomo c’è sempre un lato oscuro, qualcosa di terribile e affascinante, che intriga e mette paura.

Proiettare quest’ombra sul mondo esterno permette di maneggiarla senza esserne contagiati; proviamo curiosità e rabbia per i carnefici, simpatia e tristezza per le vittime, ma come un paracadute sempre pronto ad aprirsi per garantirci un atterraggio morbido (Picozzi, 2017).


Vi siete mai chiesti cosa risiede nella mente di un serial killer?

C’è un motivo se la figura spaventosa e diabolica dell’assassino, in particolare quello seriale, ci interessa, ci sconvolge e in un certo senso ci affascina.

La psicologia e la letteratura ci insegnano che in ognuno di noi è presente un lato oscuro, profondo e intricato, imprigionato nel nostro inconscio, dove si annidano pensieri di qualsiasi tipo, anche quelli che non vorremmo mai venissero a galla.


Chi sono?

Da dove vengono?

Perché fanno quello che fanno?

Uomo o donna? Quali sono le principali differenze intergenere?


Per quanto riguarda le differenze di genere sono state compiute diversi esperimenti e ricerche, in particolar modo Marissa Harrison ha spiegato come gli umani hanno vissuto come cacciatori/raccoglitori per circa il 95% della storia e questi antichi ruoli possono aiutare a spiegare queste differenze.

Storicamente, gli uomini cacciavano animali e le donne raccoglievano risorse vicine, come cereali e piante, per il cibo. Può questa predisposizione arcaica aver influenzato il modo in cui i serial killer maschi e femmine scelgono le loro vittime?

Così i ricercatori hanno analizzato casi di omicidi seriali raccontati da agenzie di stampa, tv e giornali (in totale sono stati studiati 55 serial killer femminili e altrettanti maschili, tutti negli Usa). E’ grazie a questi che gli studiosi hanno scoperto che i serial killer maschili avevano quasi sei volte più probabilità di uccidere uno sconosciuto, mentre i serial killer femminili avevano quasi il doppio delle probabilità di uccidere una persona che già conoscevano.


Fondamentalmente, la differenza tra genere può essere vista nel movente del delitto, infatti la criminologia è unanime nel considerare come tratto qualificante per un serial killer maschio il movente sessuale (componente sadica), mentre per ciò che concerne l’universo femminile la questione si fa più complessa. L’aspetto sessuale non appare infatti preminente: il minor grado di aggressività sadica nelle donne deriva sia da una minore predisposizione biologica (livelli più bassi di testosterone) sia dalle influenze culturali che scoraggiano le manifestazioni di aggressività.


Federica Rita Ravani, Dottoressa Magistrale in Psicologia Clinica all’Università Vita-Salute San Raffaele, vi aspetta il 20 settembre, dalle 21 alle 22.30 con il seminario

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